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.Io bevevo il vino, spiccavo con la cannucciadella pipa la carta che dentro trovava asciutta, scrivevosul pezzo bianco, la fermavo nel modo stesso.I custodinon ebbero mai li pensiero di metter l occhio nel fondodella bottiglia che era sempre delle più nere.Così ci scri-vemmo sempre, io sapevo tutto, e in quelle letterine tro-Letteratura italiana Einaudi 108Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vitavavo un conforto grande.Mia moglie ne serba ancora al-cune mie: le sue io le distruggevo subito.Dopo sessantasei giorni di criminale inferiore, passaiin un sottochiave cioè in una stanza superiore, larga,ariosa, con una grande finestra che stava sul primo tra-passo, ed affacciava sul giardino, e vedeva molte ville ecase lontane.Come io vi entrai e vidi il sole nella stanza,mi messi a quel sole, tutto che fosse sul fine di luglio, emi riscaldai tutta la persona, ché nel trapasso e nell Im-macolata avevo sempre freddo.Mi parve così bello quelsole, quella luce, e quel verde che sentii un ristoro pertutta la vita; allora non mi accorsi che l aria di quellastanza era avvelenata dalla latrina del carcere che le sta-va da presso.In quella stanza stetti sedici mesi ed ottogiorni.Mentre mi riscaldavo al sole, ecco battere alla paretedella stanza contigua, e una voce: Ehi, chi sei tu? Iobatto anch io, poi mi fo alla finestra, e ascolto: Santodiavolo, vuoi dirmi chi sei? E che t importa chi son io? E va a malora .Dopo cinque minuti, ripicchia al mu-ro, io vo a la finestra, e quei mi dice: Attacca l orecchioal muro dove senti picchiare .Vado al muro ed odo: Io sono Pasquale Musolino: sei tu Luigi? Io picchio,metto le mani presso la bocca vicino al muro, e dico: Sono Luigi; Benedetto dov è? Dal lato di mezzogior-no: si sono fatti cambiamenti di stanze .Dalla finestrascambiammo altre brevi parole, e stabilimmo dover par-lare la sera a traverso la parete che è di tufo, sottile, eperò sonora.Poi egli si messe a cantare.Cantava semprea dilungo, e dopo un aria della Sonnambula una canzonecalabrese, e poi un altr aria, e poi un «santo diavolo»con un sospirone: non istava mai cheto, faceva semprerumore nella sua stanza, rideva, si sdegnava, e quandonon cantava fumava, parlava coi ladri che stavano neicriminali inferiori, e gli chiedevano tabacco da fumo, edei ne mandava loro per mezzo dei custodi, ed essi loLetteratura italiana Einaudi 109Luigi Settembrini - Ricordanze della mia vitachiamavano il mastro di casa; e sebbene chiuso in unastanza conosceva tutti, si faceva udire da tutti, e quandovedeva una donna ad una finestra lontana cantava e tele-grafava con le mani.Aveva ventun anno: non lo teneva-no reo, e lo lasciavano sfogare: e poi egli era largo coicustodi, ai quali suo fratello faceva dare buone mance.La franchezza e spensieratezza del giovine, le mance, labontà dell indole napoletana che si vede anche in uncarceriere quando non deve infierire per comando, laconsuetudine di tre mesi, erano le cagioni per le qualiegli poteva fare il diavolo nella sua stanza e non se ne cu-ravano.Un avvertimento di tanto in tanto: egli risponde-va con una barzelletta, e di lì a poco tornava da capo.Lasera adunque ci mettemmo a la parete, e si parlò un pez-zo.Seppi ogni cosa, e che in Napoli c era stato un altrodenunziante, il quale spontaneamente era andato a direogni cosa al ministro, aveva persentato diplomi e cate-chismo, e detti i nomi convenzionali cui erano indirizza-te le lettere, e fatte sorprendere alcune lettere, tra lequali ce n era una mia.Io non dirò il nome di costui.Fra i giovani che nell anno 1864 ascoltavano le mie le-zioni nell università veniva un bel giovanetto, che era at-tento, ingegnoso, e mi stava sempre intorno con un cer-to affetto.Gli dimandai il suo nome, ed ei mel disse: erafigliuolo di quel denunziante.Possa questo giovane di-ventare un onesto uomo, e non sapere mai che suo pa-dre fu un malvagio, che suo padre fece piangere molti,che fece la spia, e per prezzo ebbe quindici ducati il me-se
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